Straniero, strano, estraneo…corriamo il rischio, di fronte a tante persone che oggi percorrono le nostre strade, di scendere questa china che, partendo da un semplice dato di fatto (straniero) può giungere a smentire quella prossimità che Gesù ci chiede di avere rispetto al nostro fratello.
La Parola di Dio, fin dall’Antico Testamento, ci fa riflettere sul nostro essere stranieri: “Non opprimerai lo straniero: voi infatti conoscete il respiro dello straniero, perché siete stati stranieri in terra d’Egitto” Es.23,9. Ecco cosa fare: arrivare a conoscere l’animo dello straniero, entrare in “simpatia”, in attenzione profonda con le sue sofferenze, le sue aspirazioni, le sue nostalgie, recuperando la nostra stessa situazione di stranieri.
Noi siamo stranieri perché pellegrini, ospiti di passaggio in questo mondo, ma soprattutto perché estranei alla logica del mondo, inseriti nella comunità cristiana in cui si vive una logica di fraternità che rende estranei ai criteri del mondo (1Pt.)
Anche noi siamo fragili e bisognosi, anche noi chiediamo attenzioni e “il Signore vostro Dio ama lo straniero e gli dà pane e vestito” (Dt.10,17).
Quel Dio che ama tutti indistintamente, ma che ha uno sguardo di maggior attenzione per chi è nel bisogno, ci chiede di fare come lui.
Una volta ho chiesto a un ragazzo malconcio che non sapeva dove andare a dormire: “Ma perché sei venuto via dalla Romania?” Un suo connazionale ha risposto per lui, che non parlava italiano: “Se sta così qui e non torna indietro, immagina come stava là”.
- C’è chi fugge la guerra
- C’è chi fugge la povertà
- C’è chi cerca un lavoro per aiutare la propria famiglia in patria
- C’è chi viene via per motivi politici.
Recente è il caso della Libia, da dove sono giunti in Italia persone che lavoravano in quel paese e che hanno dovuto fuggire. A Lodi e dintorni (S.Fiorano, Caviaga) sono stati accolti una quarantina di giovani provenienti da vari paesi africani. La Caritas ha trovato una sistemazione utilizzando i servizi che il territorio può offrire, come la mensa e l’assistenza sanitaria, ma non basta sopperire a queste necessità primarie: i giovani hanno bisogno di stare con la gente, devono imparare la lingua, devono poter essere utilmente occupati, altrimenti sono vinti da un senso di inutilità e depressione.
La parrocchia di S.Bernardo ha organizzato corsi di italiano e una partita di calcio, ma tutti possiamo dare e fare qualcosa.